giovedì 5 settembre 2013

LE CITTA' SCOMPARSE DI SEMIFONTE E SAN GENESIO

Abbiamo deciso di fare un post comune per queste due città, che non sono vicinissime tra di loro, solo perchè...non ci sono più.
Hanno avuto tuttavia due storie molto diverse, infatti San Genesio è stata abbandonata, e Semifonte, distrutta.

Cominciamo da quella abbandonata: San Genesio si trovava nel piano, nell'attuale comune di San Miniato, in provincia di Pisa, tra Ponte a Elsa e la frazione La Scala di San Miniato, nel Valdarno inferiore.
La località era conosciuta anche come Borgo San Genesio, ed in epoca Alto Medioevale come Vico Willari. Quest'ultima è la trascrizione moderna di Vicus Uualari , nome di sicura derivazione longobarda, anche perchè un notaio longobardo - nel 715 - annota che nella Pieve, fu tenuta un'assemblea per dirimere una questione tra varie diocesi della zona.
Nel 990 l'arcivescovo Sigerico, nel suo famoso Lonely Planet dell'epoca, "L'Itinerario di Sigerico", cita il borgo, che rappresentava l'arrivo della XXIII tappa da Roma.
Intorno al 1100 il vico e la Pieve diventano luogo privilegiato delle diete imperiali - la linea non c'entra, era il nome che si dava alle assemblee nobiliari - e intorno al 1154 ci passa un altro famoso viaggiatore dell'epoca, anche lui redattore di una guida di viaggio, Nikulas di Munkathvera, abate di un monastero in Islanda e diretto per un pellegrinaggio a Roma ed in Terrasanta.
Già da allora la Pieve faceva parte della diocesi di Lucca ed era di fede ghibellina.
Nel 1188 ci deve essere stato qualche guerricciola che ne ha distrutto una parte, perchè i testi parlano di una ricostruzione. Tra i documenti più importanti rimane la bolla di Celestino III che nel 1195 ci diceva che accanto alla Pieve si trova una chiesa intitolata a San Lazzaro, un lebbrosario, al Chiesa di San'Egidio e San Pietro erano all'interno delle mura e poi c'erano quella di San Cristoforo, san Giusto e Sant'Angelo nei pressi. Vi risparmiamo tutta la citazione in latino, ma comunque è stato possibile identificare alcune di queste chiese con costruzioni in zona tutt'ora esistenti.
Nel 1197, durante una delle tante guerra tra guelfi e ghibellini, San Miniato, allora conosciuta come San Miniato al Tedesco,  viene distrutta dai sui stessi cittadini per togliere di mezzo il dominatore - il tedesco, appunto - e i suoi abitanti scendono ad abitare a San Genesio.
Non fu un grande affare per il vico perchè questi bei tipi,  l'anno successivo distrussero San Genesio e riedificarono San Miniato! E fecero questo bel lavoretto un altro paio di volte da lì al 1200... erano i passatempi dell'epoca, a quei tempi non c'erano i giochi delle costruzioni.
 In quegli anni l'imperatore Federico II concede che la strada che passava nella pianura, deviasse verso il colle - dove appunto sorge San Miniato. Ne segue uno spopolamento di Borgo San Genesio, tanto che, nel 1236 viene concesso il permesso di battezzare e seppellire a San Miniato, che distava solo due miglia.
Nel 1240 i lucchesi cercarono di rivitalizzare il borgo, approfittando di un momento in cui a San Miniato giocavano con le costruzioni - e le distruzioni - più del solito.
Ma ripresero velocemente la situazione in mano, perchè nel 1248 incendiarono definitivamente quel che rimaneva del Borgo, togliendosi in questo modo - definitivamente - i lucchesi dal loro territorio.
Sino al 1337 ci sono tracce che perlomeno i resti della pieve esistevano ancora, perchè sono citati in un documento redatto per la costruzione di un argine.

A ricordo dell'antico Vico rimane adesso una cappella, situata dove dove essere anticamente posta la Pieve, la Cattedrale  di San Miniato che è intitolata a San Genesio e il sito archeologico dove sono tutt'ora in atto gli scavi.

Inoltre. dietro il sito degli scavi c'è un cartello stradale Vico Wallary, posto da un privato alla sua proprietà.

Semifonte ha invece una storia assai diversa.
Nasce in epoca piuttosto recente, a seguito della venuta in Italia dell'imperatore Federico  Barbarossa che scese per difendere l'Impero e contrastare i Liberi Comuni.
 Il Conte Alberti , nel frattempo, aveva creato o fortificato vari Castelli, tra i quali, nella zona della Valdelsa,  Certaldo, Fucecchio, Lucardo, Vico D'Elsa, e  i Conti Guidi fortificarono Poggibonsi e Monterappoli, allo scopo di contenere le mire espansionistiche di Firenze.
Proprio in Valdelsa il Conte Alberto IV Alberti   fece costruire Semifonte, tra il 1177 e il 1178, e quindi in corrispondenza dell'asse viario più importante dell'epoca, in una zona per i tempi assai popolata e antropizzata.
Avere il controllo della Francigena era una prospettiva di guadagni immensi, ai quali Firenze non intendeva in nessun modo rinunciare.
Infatti la nuova città sbarrava completamente la strada verso sud, e immediatamente le dichiarò guerra. Già nel 1182 occuparono e sottomisero Empoli, Pontorme e Pogna e distrussero i cantieri in attività di Semifonte.
Ma gli Alberti non erano gente che badava tanto per il sottile: dopo aver giurato che non avrebbero riedificato la città, riportarono abitanti e maestranze in loco, non appena le acque si furono un po'calmate.
I Fiorentini non la presero bene: per rappresaglia distrussero Pogna e le fortificazioni di Certaldo, si fecero dare metà degli introiti dei dazi percepiti con i pedaggi sulla Francigena - eh no?! - distrussero, già che c'erano, le fortezze di Marcialla e Mangona nel Mugello (sempre degli Alberti) e si fecero nuovamente giurare di non riedificare Semifonte.
Ma sottoporre gli Alberti a giuramenti non era una buona politica.
Che fece il Conte? Partì di corsa per Bologna dove c'era l'imperatore Enrico VI, facendosi appellare come Conte Alberti di Semifonte - anzichè di Prato come s'era sempre fatto chiamare fino ad allora - perchè in questo modo avrebbe avuto il suggello dell'imperatore e i fiorentini avrebbero capito che mettersi contro il Conte di Semifonte voleva dire mettersi contro l'imperatore.
Non male come ragionamento.
Intanto i lavori procedevano e il Conte Alberti cedette, nel 1189, metà della città a Scorcialupo di Mortennano, un potente signore Senese -  quindi nemico giurato dei Fiorentini -  e così facendo si era alleato anche Siena, che con Firenze non aveva gran simpatia.
I Semifontesi non erano stinchi di santo: ogni volta che di lì passava un alto prelato lo rapivano e chiedevano in riscatto, per cui si misero contro anche la curia romana.
Quando il Conte, all'inizio dell'anno 1200,  si rese conto che le cose buttavano male, e correva il rischio di perdere anche gli altri contadi, vendette la sua metà di città ...ai fiorentini stessi!
Che personaggino, eh?!
Scorcialupo fece la stessa operazione, così la città perse anche l'appoggio di Siena.
L'assedio alla città iniziò a gennaio del 1202 e l'epilogo si ebbe a fine marzo dello stesso anno, anche qui per il tradimento di un cittadino, allettato dall'esenzione in perpetuo dalle tasse!
I Fiorentini non lasciarono pietra su pietra, e stabilirono inoltre che in quel luogo non si sarebbe potuto mai più edificare nessun edificio.
Solo nel 1594, e molto malvolentieri, il Granduca Ferdinando I consentì che si costruisse una cappella dedicata a San Michele Arcangelo, e che è la prefetta riproduzione, in scala 1:8  della Cupola di Santa Maria del Fiore, tanto che è conosciuta come il Duomo della Val D'Elsa.

Dicono che sia stata eretta per commemorare l'eroica resistenza dei Seminfontesi, ma noi ci abbiamo visto una bella dose di sarcasmo.

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